Burkina Faso: analisi del quadro di sicurezza

OVERVIEW

A partire dall’inizio del 2018, il Burkina Faso è stato interessato da un significativo deterioramento del quadro di sicurezza. La minaccia proveniente dai gruppi legati al terrorismo jihadista, precedentemente localizzata nelle zone settentrionali del paese (al confine con il Mali), si è gradualmente estesa alle zone orientali (al confine con il Niger) e a quelle sud-orientali (confine con Benin e Togo). Il peggioramento della cornice di sicurezza ha spinto le autorità locali a decretare, a partire dal 31 dicembre 2018, lo stato di emergenza nelle regioni del Sahel e dell’Est e nelle province di Kossi e Sourou (entrambe nella regione di Boucle du Mouhoun), in quella di Koulpélogo (regione di Centro-Est), di Kénédougou (regione Hauts-Bassins) e di Lorum (regione Nord).

Se nel nord è accertata la presenza di elementi legati al gruppo Jamat Nusrat al-islam wal-Muslimin (JNIM), ramo di al-Qaeda operativo in parte del Sahel, resta incerta la paternità degli attacchi asimmetrici compiuti nell’est del paese. Nessuna delle azioni effettuate in queste zone è stata, infatti, sinora rivendicata. Secondo l’ipotesi più accreditata potrebbe trattarsi di elementi appartenenti al gruppo Stato Islamico nel Grande Sahara (Islamic State in the Greater Sahara – ISGS), potendosi tuttavia ipotizzare anche la costituzione di un gruppo ibrido formato dall’unione di elementi endogeni ed esogeni.

ASSESSMENT

Dal 2014 il paese è progressivamente divenuto territorio di reclutamento e centro logistico per i gruppi jihadisti nella regione del Sahel. La crescente insicurezza è stata generata non solo dalle infiltrazioni di miliziani provenienti dai paesi limitrofi (in particolare dal Mali) ma anche dalle scarse capacità di contrasto a tale fenomeno delle forze di sicurezza locali.

Se nel biennio 2016 – 2017 il paese è stato sempre più utilizzato come base logistica e territorio di transito per i terroristi attivi nella regione, nonché per i traffici di armi ed esplosivi, dal 2018 il Burkina Faso è progressivamente divenuto bersaglio diretto di attacchi asimmetrici di matrice jihadista.

Nel solo 2018, infatti, nell’intero territorio nazionale si sono verificati circa 64 attacchi asimmetrici, in forte aumento rispetto ai 32 attacchi del 2017 e ai 13 del 2016. Con riferimento alle vittime si segnala che sebbene tra il 2017 e il 2018 siano diminuite quelle civili (53 nel 2017, 24 nel 2018), sono nettamente aumentate quelle tra le forze armate locali (7 nel 2017, 74 nel 2018). Tale dato evidenzia la volontà del JNIM di minare la presenza e la capacità di presidio delle forze militari straniere sul territorio saheliano e di quelle nazionali che agiscono nell’ambito delle operazioni multinazionali.

Il trend in aumento appare confermato da un confronto tra i dati relativi alle azioni asimmetriche registrate nei primi 4 mesi del 2019 con quelle effettuate nello stesso periodo dell’anno precedente (si è passati, infatti, dai 16 attacchi del 2018 ai 37 del 2019, con un incremento del 131%). In questo stesso periodo di riferimento, si è assistito a un notevole incremento del numero di vittime civili (passate da 6 a 55, con un aumento di circa l’800%). Qualora confermato, tale dato potrebbe indicare un mutamento nelle strategie dei gruppi terroristici attivi nel paese.

Nel biennio 2016 – 2017 gli attacchi erano stati prevalentemente localizzati nel nord del paese (province di Soum e Oudalan, Regione del Sahel), al confine con il Mali, ed erano stati condotti prevalentemente da gruppi provenienti dal paese confinante.

L’aumento graduale della violenza nel nord del Burkina Faso è apparso strettamente collegato ad un contestuale peggioramento del quadro di sicurezza nelle regioni centrali e meridionali del Mali e soprattutto al ricollocamento dei jihadisti presenti in quest’ultimo paese, conseguentemente alla pressione esercitata dalle forze di intervento francese. Tale progressivo riposizionamento ha condotto ad un aumento delle incursioni degli elementi jihadisti maliani in Burkina Faso, favorito dalla scarsa capacità delle forze di sicurezza locali di presidiare i confini ma anche dalla morfologia del territorio propria delle aree settentrionali (in larga parte occupate da zone boschive).

Non solo l’infiltrazione di elementi maliani ha progressivamente favorito anche la nascita di una fazione jihadista locale burkinabé, il gruppo endogeno Ansaroul Islam, ma ha anche determinato un processo di stabilizzazione e strutturazione della galassia qaedista sul territorio nazionale. Tale dato è stato confermato dal video del 18 settembre 2018 in cui al-Qaeda ha ufficialmente annunciato la propria presenza stabile in Burkina Faso. A partire almeno da questa data, dunque, il Burkina Faso non può più essere considerato come una mera base logistica per i militanti maliani, ma assume le caratteristiche di un teatro d’operazione diretto per i gruppi terroristici. 

Il forte deterioramento della situazione di sicurezza esistente nel paese e l’incremento della minaccia proveniente dal terrorismo di matrice jihadista sono chiaramente emersi in occasione dei due attacchi simultanei del 2 marzo 2018 contro l’Ambasciata francese e il Quartier Generale della Forze Armate nella capitale Ouagadougou, entrambi rivendicati dal JNIM. L’episodio è sintomatico dell’aumento delle capacità operative dei gruppi attivi in Burkina Faso, i quali hanno dimostrato non solo di poter colpire obiettivi di alto profilo ma anche di essere in grado di pianificare tatticamente attacchi coordinati. Inoltre, l’attacco in questione ha sollevato consistenti dubbi circa la possibilità che il JNIM possa aver beneficiato, nel corso della pianificazione dell’attacco, di informazioni provenienti da ambienti interni alle Forze di Sicurezza locali. Tale evidenza ha trovato conferma negli arresti di alcuni membri dell’esercito l’11 marzo e dal successivo sviluppo delle relative vicende processuali.

Dal febbraio del 2018, la minaccia terroristica è significativamente aumentata anche nella zona orientale del paese, in particolare nelle province di Séno, Tapoa, Gourma, al confine con il Niger, e in quella sud-orientale al confine con Togo e Benin.

È ipotizzabile che, ancora una volta sotto la pressione esercitata dalle operazioni antiterrorismo della Forza Multinazionale del Sahel G5 e dell’Operazione francese Barkhane in Mali e nel nord del Burkina Faso, alcuni elementi jihadisti abbiano trovato spazio libero verso est, nelle zone di confine con il Niger e sempre più nelle foreste orientali. Inoltre, la regione dell’est è situata proprio nei corridoi di transumanza dell’etnia Peul (o Fulani) e ciò potrebbe aver favorito lo spostamento e la progressiva infiltrazione dei gruppi terroristici.

Nel paese, infatti, cosi come in altre aree della regione del Sahel, la questione del terrorismo di matrice jihadista si lega anche alla gestione delle minoranze etniche, con particolare riferimento a quella dei Peul. Questi ultimi sono accusati ormai da tempo dall’etnia Mossi, maggioritaria nel paese (circa il 53% della popolazione totale), di complicità e collaborazionismo con i gruppi jihadisti attivi nella regione orientale.

Ufficialmente nessuno degli attacchi nell’est è stato finora rivendicato. Secondo l’ipotesi al momento più accredita, sarebbero azioni compiute dallo Stato Islamico nel Grande Sahara (Islamic State in the Greater Sahara – ISGS); il modus operandi sarebbe, infatti, compatibile con questo gruppo (in particolare, il tipo di ordigni usati, la tattica delle imboscate, il coordinamento di attacchi simultanei). Ciò implicherebbe, qualora accertato, il definitivo inserimento di una nuova variabile nel panorama dell’attività terroristica in Burkina Faso, legata alla contestuale presenza stabile di gruppi qaedisti e riconducibili ad IS. Alla componente esogena dell’ISGS potrebbe essersi associata, del resto, una componente endogena costituita da gruppi locali, dando origine ad un gruppo militante ibrido. In generale e a prescindere dall’attribuzione degli attacchi, il modus operandi indica un certo livello di capacità dei gruppi attivi nell’area, acquisita probabilmente sul terreno in Mali e più in generale nella regione del Sahel. La crescente presenza dei membri dello Stato Islamico sul terreno e l’interesse sempre più pressante del gruppo nei confronti del Burkina Faso, appaiono confermati dall’esplicito riferimento fatto da Abu Bakr al-Baghdadi nel video diffuso il 29 aprile 2019 da al-Furqan Foundation ai mujahidin in Burkina Faso e alla loro fedeltà nei confronti del Khilafah.

Anche nel caso delle regioni dell’est la progressiva espansione territoriale dei gruppi jihadisti è stata favorita da una quasi completa assenza del controllo diretto statuale, dalle scarse capacità di controllo delle forze di sicurezza, dalla morfologia del territorio, nonché dalla condizione socio-economica della regione, tra le più povere del paese.

In generale i livelli di preparazione, addestramento ed equipaggiamento delle forze di sicurezza e di polizia burkinabé sono assolutamente insufficienti per rispondere alle minacce poste dal terrorismo di matrice jihadista. Nonostante l’assistenza tecnica e il processo di riqualificazione avviato negli ultimi anni con il supporto finanziario e logistico dalla Francia, la situazione non sembra destinata a migliorare nel breve-medio periodo.

Proprio in ragione della cronica debolezza delle forze armate nel presidio del territorio, sono nate, in diverse zone del paese e in particolare in quelle orientali tradizionalmente culla del banditismo, milizie di difesa autoctone chiamate Koglweogo. Se in un primo tempo tali gruppi fungevano da supporto alle forze dell’ordine nazionali e con esse collaboravano nella repressione dei fenomeni criminali, progressivamente si è registrata una crescente autonomia delle stesse le quali hanno cominciato sempre più ad agire al tempo stesso come corpi di polizia e tribunali, in concorrenza con le istituzioni statali legittime.

Soprattutto nell’est la gestione della sicurezza appare di fatto quasi delegata dal potere centrale a tali gruppi di difesa autonomi, sia a causa di una sottostima della minaccia nella zona orientale sia in considerazione del prevalente dislocamento delle poche forze disponibili nelle regioni settentrionali del paese.

Oltre a queste milizie operano poi in alcune zone del paese, in particolare nell’ovest e nel sud-ovest, delle confraternite tradizionali di cacciatori, chiamate Dozo, le quali hanno anch’esse progressivamente ampliato la propria azione al contrasto dei fenomeni eversivi e criminali.  La compresenza in alcune zone di diverse milizie di questo tipo ha anche generato in passato alcuni episodi violenti in cui Dozo e Koglweogo si sono scontrati per la difesa delle rispettive sfere territoriali di azione e di influenza.

OUTLOOK DI BREVE E MEDIO PERIODO

In questo quadro securitario caratterizzato da forti criticità, il paese dovrà affrontare diverse e importanti sfide nel breve-medio periodo. Con riferimento alle forze di sicurezza si sottolinea la necessità di considerare l’effettiva capacità dell’apparato di polizia e sicurezza di rispondere alla minaccia terroristica. Nonostante gli aiuti internazionali provenienti in particolare dalla Francia non è possibile, infatti, ipotizzare nel breve-medio periodo un miglioramento della situazione tale da poter garantire un rafforzamento del controllo del territorio da parte dell’esercito burkinabé. Inoltre, come dimostrato dalle vicende dell’attacco del 2 marzo 2018, oltre ai limiti sotto il profilo delle capacità operative, resta da valutare la pervasività all’interno degli apparati di sicurezza del paese di fenomeni corruttivi.

Attacchi registrati nel biennio 2016-2017. Fonte IHS Markit
Attacchi registrati nel solo 2018. Fonte: IHS Markit

A tali aspetti si ricollega anche la seconda criticità, cioè la riformulazione dei rapporti tra le milizie auto-costituitesi e l’esercito regolare. Sebbene nella lotta alla criminalità le Koglweogo abbiano raggiunto alcuni risultati degni di nota, nel caso di un forte deterioramento della situazione securitaria nel paese difficilmente esse potranno agire efficacemente se non in accordo e in coordinamento con le forze regolari e quelle internazionali.  

Una delle principali sfide che la leadership burkinabé si troverà ad affrontare nel breve-medio periodo riguarderà la gestione delle istanze dei gruppi locali, coinvolti, come nel caso dell’etnia Peul, in un processo di lento ma pericoloso avvicinamento alle rivendicazioni jihadiste. D’altro canto, un’eventuale azione delle autorità governative in questo senso si scontrerà necessariamente con l’obiettivo, opposto e contrario, dei gruppi terroristici qaedisti attivi nel paese, i quali stanno dimostrando un interesse crescente a capitalizzare il malcontento Peul nell’intento di ingrossare le fila dei propri militanti. In un video reso pubblico a novembre 2018, i leader dei principali gruppi jihadisti del Sahel (Iyad ag Ghali, ex leader di Ansar Eddine, Amadou Kouffa, ex leader Katibat Macina, e Yahya Abuel Hamman detto anche Djamel Okacha, leader di AQIM in Subsahara) hanno fatto appello ai Peul presenti in tutta l’Africa centro occidentale affinché si uniscano al jihad. Nel video in questione Amadou Kouffa è il solo a parlare, esprimendosi in Peul, in qualità di unico rappresentante, tra i tre, dell’etnia Peul. Secondo alcune fonti quantomeno una parte del gruppo etnico avrebbe già subito un processo di radicalizzazione ed estremizzazione tale da potersi configurare in una corrente jihadista specifica su base etnica.

Infine, con riferimento ai rapporti sul territorio tra i diversi gruppi terroristici, occorre sottolineare che, qualora confermata, la presenza sempre più stabile e attiva nell’est del gruppo ISGS potrebbe comportare nel medio periodo l’aumento delle tensioni tra elementi affiliati allo Stato Islamico e quelli appartenenti alla galassia qaedista per il controllo di porzioni del territorio nazionale.

In conclusione, nel breve-medio periodo appare ipotizzabile una conferma del trend in crescita con riferimento agli episodi di matrice terroristica, così come un progressivo rafforzamento della presenza di gruppi terroristici, sia endogeni che esogeni, in particolare nell’est del paese. Tale consolidamento, dovuto in parte al ricollocamento degli elementi jihadisti da Mali e dalle zone settentrionali del Burkina Faso, potrebbe risultare ulteriormente rafforzato dalla possibile integrazione nella fila dei gruppi terroristici già attivi di nuovi elementi appartenenti all’etnia Peul. L’eventualità di una maggiore convergenza tra rivendicazioni etnico-tribali e insorgenza jihadista potrebbe determinare, infatti, un sempre più rapido deterioramento del quadro di sicurezza del paese ad opera dei diversi gruppi terroristici jihadisti attivi nel Sahel.